I monumenti di Avellino e del territorio circostante |
Il duomo |
La cattedrale di Avellino, da tutti conosciuta semplicemente come il duomo, sorta nel sec. XII, fu costruita nelle proporzioni monumentali attuali, facendo largo uso di materiale romano riutilizzato. Tale reimpiego riaffermava una continuità culturale, ma era pure la riprova di una certa difficoltà finanziaria. Nei luoghi, dai quali proveniva la segnalazione di qualche colonna o di grossi blocchi squadrati, figurati, scritti o meno, si recava un gruppo di operai e di tecnici, diremmo oggi, e talvolta anche il vescovo. Così il vescovo Guglielmo (a. 1167) si recò presso Mercogliano per scavare una colonna occorrente per la nuova costruzione (fabrica noba) della cattedrale (episcopium ) di Santa Maria (Sancta Maria). Per una celeste ispirazione rinvenne pure il corpo di 8. Modestino. Con la traslazione del corpo del santo, che diverrà il punto di riferimento della devozione cittadina perché scelto a protettore, la chiesa cattedrale affrontava la sua storia, insidiata da pesanti incognite. Innanzitutto la eccessiva vastità dell'impianto comporta una più difficile manutenzione ed anche si espone con maggior rischio alle sollecitazioni dei terremoti, non rari anche se non tutti disastrosi. La costruzione poggiava in buona parte su colonne di recupero, raccordate perché diseguali o addirittura in due pezzi sovrapposti. Ne derivava un effetto artistico notevole per luminosità e per la linearità della struttura offriva una sensazione di spaziosità al di sopra delle sue reali proporzioni. In queste premesse c'è tutta la vicenda storica futura della cattedrale. E si sa che quando si è stati costretti a intervenire per salvaguardarne la stabilità, hanno lasciato il segno non soltanto le tecniche di consolidamento delle strutture, ma pure i gusti artistici del tempo. Quindi il suo aspetto originario è stato più volte manomesso ed alla fine addirittura stravolto. Ecco i momenti più significativi dei molti interventi. Durante l'episcopato di Francesco Scannagatta (1679-1700) furono « trasmutate in pilastri di dura pietra le antiche colonne, di più pezzi ineguali e parte infrante, che sostenevano la nave di mezzo, ridotte in simmetria le antiche finestre ed aperti all'uso moderno tre finestroni » (dei quali uno sulla facciata) come si esprime il de Franchi in un libro del 1709. Alla copertura lasciata a vista nella maniera antica, fu sottoposto un soffitto in tavole dipinte a tempera con motivi decorativi da A. Michele Ricciardi. Un altro intervento di un certo rilievo fu operato da mons. Paolo Torti Rogadeo (1726-1742). Appena trasferito da Andria ad Avellino si adoperò a trasformare gli edifici sacri « dall'uso antico a quello moderno », ossia barocco e dove fu possibile li volle a tre navate. Alcune chiese furono fatte demolire per rinnovarle. Chiuse la cripta della cattedrale di Frigento. Ad Avellino invece fece chiudere le scale di discesa nella cripta, da quasi un secolo considerata superflua poiché i corpi santi erano stati trasferiti nell'aula superiore. Addirittura per parecchio tempo fu usata come cimitero e nel 1714 era stata affidata alla confraternita dei Sette Dolori. Certamente i lavori di abbellimento e di piccoli restauri non consentirono alla cattedrale di superare indenne il disastroso terremoto del 1732. Si provvide questa volta a rinforzare la statica di tutto l'edificio ed in tre anni e mezzo di lavori fu eretto tra l'altro un contromuro dello spessore di oltre un metro per ingabbiare tutto il campanile. Mons. Martinez (1760-1782) creò la piazza antistante alla cattedrale acquistando le poche case e facendole demolire. Per dare imponenza alla facciata fece costruire la scalinata di accesso con l'ampio sagrato. Mons. Maniscalco (1844-1854) effettuò lavori di riparazione all'esterno ed all'interno, restaurò il pavimento e fece creare degli archi nelle pareti delle navate laterali per incassarvi gli altari che ormai andavano ingombrando lo spazio dei fedeli. La trasformazione radicale della cattedrale avvenne con mons. Francesco Gallo (1855-1896) che vi impegnò le sue energie fino al sacrificio. Con lui la cattedrale « romanica » si mutò in neoclassica appesantendosi di ornati e di abbellimenti vari. La facciata fu designata dall'architetto Pasquale Cardola e realizzata in due tempi. Si lavorò dal 1857 alla metà del 1858, poi seguì l'interruzione di diversi anni per le difficoltà economiche e per le vicende politiche che accompagnarono l'unità d'Italia. Ripresi i lavori nel 1867 furono portati a termine nel 1868. Dopo alcuni anni iniziarono i lavori per la trasformazione dell'interno progettati dall'arch. Vincenzo Varriale. Durarono dal 1880 al 1889. Tra gli altri lavori fu prolungata l'abside con la nuova sistemazione del coro antico e con al centro il monumentale altare già in cattedrale dal 1813, ma proveniente dall'Eremo camaldolese dell'Incoronata (sotto Montevergine) fatto costruire da Laura Brancaccio moglie di Antonio Carafa. E' un bel lavoro del Fanzaga. Per illuminare le navate laterali cieche, furono create delle cupole con un lanternino. Per sostenere tali cupo-lette furono ottenuti degli appoggi su contromuri innalzati di proposito sui pilastri e sui muri laterali. I pilastri divenuti enormi per ragioni di simmetria hanno quasi ridotto lo spazio alla sola navata centrale. Il soffitto divenne un cassettonato. Così tra fregi, dorature, pitture imitanti marmi alabrastrini, quadri e cicli pittorici è tutto uno sfarzo di colori che rende problematico il raccoglimento. Un momento difficile per l'integrità del grande edificio fu il bombardamento della città nel 1943 che colpì in parte la cattedrale e soprattutto il seminario. Fu riparata durante l'episcopato di mons. Pedicini (1949-1967). Un edificio monumentale antico è un illustre malato che ha bisogno di continue cure. Per interessamento di mons. Pasquale Venezia fu finanziato un lavoro di restauro e consolidamento dalla Soprintendenza ai Monumenti di Napoli su progetto dell'arch. Marcello Petrignani. Cominciò a realizzarsi dal 1976. Era quasi terminato allorché col terremoto del 23 novembre 1980 (foto) dovettero essere riparati i danni e messi in opera i lavori di adeguamento alle leggi antisismiche. Fu riaperta al culto il 6 ottobre 1985.
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